Chi lavora (sia dipendente pubblico che dipendente in impresa privata) già agisce sul circuito privato. Il sistema pubblico non è per chi lavora, ma per chi non lavora per sua colpa (il sistema deve escludere disoccupazione non colpevole). Anche chi non lavora, per sua colpa, non deve morire di stenti, essere senza casa e senza cibo, ma deve avere condizioni di dignità, per sollevarsi e riscattarsi quando vuole (avendo sempre una possibilità), condizione dalla quale egli deve poter esicre per scegliere di lavorare e così entrare nel circuito privato (virtuoso). E i poveri attuali ? Essi non sono per il sistema pubblico, ma per quello privato, che deve escludere la povertà, e ciò lo si ottiene semplicemente perché il sistema privato non è capitalistico e non funziona secondo le leggi dell’economia politica attuale (che tende a escludere la piena occcupazione). Tutto il sistema economico (fatto dei due circuiti, pubblico per i pigri e privato per i virtuosi) abolisce la povertà e dà lavoro a tutti coloro che vogliono lavorare. Chi lavora appartiene al sistema privato, cioè competitivo e meritocratico. Il sistema di economia pubblica è certamente la base di partenza, garantita a tutti, per poi arricchirsi. Chi lavora è virtuoso, e quindi può competere. Per base di partenza intendo la base di chi non lavora, e quindi il minimo garantito anche ai poveri attuali, che non lavorano. Ma poi a tutti viene data la possibilità di lavorare, e quindi di arricchirsi. Avevo pensato anche a un altro tipo di moneta (quindi ci dovrebbero essere tre tipi di moneta), valida solo per i dipendenti pubblici. L’apparato dello stato potrebbe essere un corpo autonomo e separato dalla società, e chi vi appartiene non è privilegiato nel vizio, ma nella virtù. Esistono le imprese pubbliche, e queste, che competono con quelle private, devono essere i modelli perfetti delle imprese, concepite dall’economia aziendale, cioè “campi di sperimentazione scientifica” per verificarne le ipotesi (in un mercato scientificamente perfetto). I dipendenti pubblici hanno una loro specifica “vocazione”, e quindi dovrebbero vivere in un sistema economico altro e diverso da quello libero e privato. Un sistema “modello”, più virtuoso di quello privato. Quasi ascetico. Vorrei dire che lo stato dovrebbe realizzare al proprio interno quasi il perfetto “comunismo”, solo relativamente alle risorse statali, non a quelle private. Quindi ci sono tre circuiti: il privato (virtuoso), il pubblico in senso statale (virtuoso), e il pubblico concernente la dignità e le basi minime di sopravvivenza (non virtuoso, per chi non lavora). Ogni sistema ha la sua moneta. La differenza tra le monete a me era venuta in mente, perché grazie a questo sistema, ad esempio, non si correrebbe più il pericolo di alterare la concorrenza nel Primo Mondo sfamando il Terzo Mondo. Riguardo alla domanda sul televisore, chi ha moneta pubblica (o meglio moneta “povera”, o moneta “standard”), cioè chi non lavora (un povero colpevole), non può comprare un televisore “di marca”, perchè per farlo deve avere moneta privata, ma questa può averla solo chi lavora, cioè compete. Una questione è se la società deve imporre la competizione per potersi arricchire. In un’altra pagina del Forum, Francesco aveva fatto questa domanda, estremamente problematica. Se nel sistema economico lavorano le macchine, e le macchine sostituiscono il lavoro umano, l’uomo cesserà di lavorare ? E’ auspicabile questo ? E se non si lavora più, cessato ogni lavoro, quale sarà la fonte di reddito ? Rispondo come posso (è una risposta certa ma anche incerta: certa perché fondata sulla fede, incerta perché non fondata scientificamente): il Vangelo dice che bisogna fruttare i talenti, quindi l’uomo dovrà sempre essere virtuoso, dovranno sempre esserci i laureati e i docenti, e le categorie professionali, ecc. Forse spariranno gli operai, i contabili, certi altri mestieri, ma l’uomo dovrà sempre soffrire per vivere (sofferenza che corrisponde alla virtù), perché ciò che conta non è il benessere (garantito dalle macchine), ma la salvezza ultramondana.
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