Generalmente si ritiene che il liberalismo sia una concezione buona dei diritti: diritto al voto, alla libertà di pensiero, di stampa, di religione, di circolazione. Poi si aggiunge la libertà di iniziativa economica [liberismo]. Qui si è commesso l’errore di identificare il diritto in campo economcio con questa libertà. Esso invece la supera. Dal punto di vista economico, nel liberalismo si ha un fondamentale fraintendimento del concetto di libertà. Infatti, dal punto di vista economico, esisterebbe anche il diritto [liberale, ma non liberista] alla casa, al lavoro, ad uno stipendio, e a un buon e interessante lavoro, vicino a casa, ecc.. Nel liberismo, tutto questo, che costituisce un fondamentale diritto dell’uomo, viene affidato alla libertà di iniziativa economica, e quindi il diritto al benessere discende da una contrattazione tra privati, in cui la sopravvivenza e in tenore di vita dell’uomo è garantito dalla ricchezza di un altro uomo. Ora, ciò non è conforme all’essenza del diritto, per la quale l’uomo deve il proprio reddito e il proprio lavoro alla provvidenza [nel senso “che provvede”] impersonale dello stato, e non ad altri uomini, se non con la mediazione dello stato. Perciò, mentre la proprietà è un diritto fondamentale, non deve accadere [questo significa realmente “comunismo”] che uomo [lavoratore] vive grazia a un altro uomo [imprenditore]. Essere comunisti è una fondamentale esigenza di scientificità del pensiero. Il liberismo e il capitalismo sono declinazioni parziali e storiche della verità speculativa. La libertà di iniziativa economica deve realizzarsi all’interno di una economia, che sia necessariamente pianificata, per garantire a tutti gli uomini i loro diritti economici, secondo giustizia. Tale garanzia precede la libertà di iniziativa economica, e questa deve realizzare all’interno di essa. La giustizia precede la libertà, come la verità precede la felicità.